domenica 31 gennaio 2016

"Jane Eyre", di Charlotte Bronte - La storia di una istitutrice e di un amore impossibile (...la tragedia che è il sottotitolo non ha nulla a che vedere con la tragedia del romanzo...quella è molto peggio)

Ciao a tutti, ragazzi!

Eccomi di ritorno con un nuovo post. Sono passati solo due giorni dal precedente, e vi invito caldamente a non abituarvi troppo a tutta questa rapidità negli aggiornamenti, vi accorgerete molto presto di quanto la mia innata tendenza a imitare i bradipi rallenti di molto qualsiasi attività che necessiterebbe di un regolare e/o rapido aggiornamento ;).
Dicevo, eccomi di nuovo con il secondo post ufficiale di questo blog. Nell'episodio precedente abbiamo recensito La bambinaia francese di Bianca Pitzorno che, come ho detto, si tratta di una rivisitazione del classico della letteratura Jane Eyre.
Il passo successivo è scontato all'inverosimile, ma obbligatorio.
E quindi, dopo aver fatto la conoscenza di una delle sue rivisitazioni, passiamo a incontrare l'opera magna da cui sono stati tratti film, libri, saggi e post di blog (mi)sconosciuti come il presente.
Signori e signore, oggi parleremo di Jane Eyre di Charlotte Bronte.

Trama

Jane Eyre è una bambina che, rimasta orfana di entrambi i genitori, viene accolta in casa del fratello di sua madre, il signor Reed, il quale tuttavia muore poco dopo facendo promettere alla consorte di prendersi cura della nipote. La donna, la signora Reed, adempie di malavoglia alla promessa fatta al marito in punto di morte, e trova ogni scusa per sfogare la propria antipatia nei confronti della piccola. Jane cresce così fino a dieci anni in casa Reed, dovendo subire le vessazioni della zia e dei suoi cugini, John, Eliza e Georgiana, fino a che la signora Reed decide di mandarla in una scuola di carità per bambine senza famiglia; qui, seppur fra mille sacrifici e umiliazioni a cui si aggiunge anche il dolore per la perdita della sua migliore amica, Jane riesce a ottenere il diploma di insegnante e, all'età di diciotto anni, a trovare lavoro come istitutrice di una bambina presso la cupa Thornfield Hall, un'immensa villa nella brughiera inglese.
Qui fa la conoscenza del proprietario e suo datore di lavoro, Edward Rochester, un uomo schivo e dal passato tormentato, di cui Jane s'innamora, ricambiata. Ma ciò che sembra essere il lieto fine perfetto per un sogno d'amore dovrà scontrarsi con ostacoli molto più grandi di ciò che Jane si sarebbe potuta aspettare...

Commento

Qualcuno ha mai sentito parlare dell'effetto Cenerentola?

Tutti conosciamo, a grandi linee, questa fiaba: una ragazza povera e sfortunata riesce alla fine (con o senza l'ausilio della magia, dipende dalle versioni) a risollevarsi dalla sua misera situazione e a sposare il ricco nobile di turno, o comunque a ottenere una vita dignitosa e, perché no?, anche agiata.
Si tratta non solo di una fiaba, ma di un cliché narrativo molto diffuso in letteratura. I romanzi dell'epoca vittoriana, e più in generale tutti i classici, sono pieni di eroine sfortunate che alla fine riescono ad avere la propria rivalsa: basti pensare a Jerusha Abbott, la protagonista di Papà Gambalunga, o a Sara Crewe de La piccola principessa. Perfino alcune eroine della Austen ricalcano questo cliché.
E se prestiamo attenzione anche il cinema e la letteratura contemporanea giocano molto sull'effetto Cenerentola; chi ha visto il film Il diario di Bridget Jones con Renée Zellweger o alcuni dei teen movies dell'epoca d'oro di Hilary Duff e Lindsay Lohan, capirà ciò di cui parlo.
I libri contemporanei fanno a loro volta ampio uso di questo cliché: Harry Potter è una Cenerentola al maschile, o molto più banalmente si possono ritrovare spesso delle Cenerentole nelle protagoniste dei romanzi Harmony, o in Anastasia Steele della saga di 50 sfumature.
A cosa serve questo effetto, oltre a creare delle eroine o degli eroi provvisti di ogni sfortuna possibile? L'effetto Cenerentola è un metodo quasi infallibile per catturare la simpatia del lettore. Tutti noi siamo portati a empatizzare nei confronti di una persona che ha subito o sta subendo delle sofferenze, e anche se a volte non possiamo, non vogliamo o non abbiamo la forza di intervenire, ciò non toglie che si è intimamente solidali con quella persona. 
I personaggi di fantasia non fanno eccezione. Quando leggiamo di un protagonista o anche un antagonista o un personaggio secondario che hanno avuto/hanno una vita difficile, istintivamente proviamo simpatia nei suoi confronti.
Tuttavia, l'effetto Cenerentola è un'arma a doppio taglio, e lo sa bene chi scrive fanfiction e si è imbattuto più di una volta (è inevitabile) nelle cosiddette Mary Sue: personaggi che hanno alle loro spalle storie così lacrimevoli e tragiche da risultare inverosimili alla massima potenza, roba che Maria De Filippi ci farebbe un programma solo su di loro, ma che agli occhi di chi legge queste storie risultano abbastanza ridicole.

Comunque, non è ciò che accade per la protagonista omonima di Jane Eyre; pur essendo a sua volta una Cenerentola e pur avendo vissuto nella sua esistenza un numero di eventi tragici che credo abbia ricevuto la visita della De Filippi almeno dieci volte. 
Generalmente sono una delle poche persone a cui l'effetto Cenerentola fa un baffo (ritengo sempre che il passato lacrimoso ci possa stare, ma che una trama ben costruita e una caratterizzazione riuscita siano elementi molto più validi, in una storia), e in questo caso sarebbe stato lo stesso...ma, come penso si sia intuito dai post precedenti, Jane Eyre mi è piaciuto molto, e fa parte dell'Olimpo dei miei romanzi preferiti.
Partiamo dunque con i personaggi per spiegarvi perché Jane Eyre e i suoi due protagonisti mi sono piaciuti e perché l'effetto Cenerentola non scade nello stereotipo Mary Sue.

Personaggi

Jane Eyre: La protagonista del romanzo. Le sue peripezie infantili sono state illustrate ampiamente nel riassunto della trama, sopra in questo post. Orfana di entrambi i genitori (un missionario nelle Indie e sua moglie), viene adottata dal fratello della madre, il signor Reed, un magistrato di buon cuore che accoglie la nipote come una figlia. A quanto pare (sebbene questo venga soltanto lasciato intendere da zia Charlotte, che in questo caso adotta il punto di vista della moglie dell'uomo), voleva talmente bene alla nipote da preferirla ai suoi stessi figli, John, Eliza e Georgiana. Questo ha indispettito molto la signora Reed, tanto che se avesse potuto si sarebbe sbarazzata della nipote indesiderata quando il marito è morto. Vincolata suo malgrado (pensa te il destino come ti frega XD) dalla promessa fatta sul letto di morte al caro estinto, è costretta a tenersi la bambina in casa, ma come ogni matrigna e/o zia cattiva che si rispetti, dimostra quanto le pesi doverla tenere con sé trattandola come una pezza da scarpe. 
Aguzzini della piccola Jane sono anche i suoi cugini, fra cui lei detesta in particolare l'erede, John. 
...vi ricorda niente, questa situazione?
Come ho detto, Cenerentola spicciame casa. Jane Eyre è sfortunata, molto sfortunata, ma quel che è peggio le sue sventure sono solo all'inizio. A dieci anni, la zia Reed trova il modo di sbarazzarsi di lei mandandola nella scuola di carità per bambine senza famiglia di Lowood, dove oltre alla fame e agli stenti e al duro lavoro a cui sono sottoposte le educande, deve sopportare le umiliazioni inflitte dall'ipocrita reverendo direttore della scuola e dalle insegnanti, il tutto culminante nella morte della sua migliore amica, Helen Burns.
Ora, in condizioni normali questo numero di sventure sarebbe stato eccessivo. 
Tuttavia, il tutto resta ben bilanciato e la situazione non risulta mai ridicola, né Jane patetica. Jane, infatti, reagisce a tutte queste ingiustizie che la vita e le persone che avrebbero dovuto prendersi cura di lei con un equilibrio sorprendente. Mantiene la sua dignità e il suo carattere schietto senza mai crollare. Ciò non significa che non soffra; al contrario, quando ancora è a casa della zia Reed ci sta male per non avere una famiglia che la ami come invece ce l'hanno i suoi cugini, ma non elemosina mai il loro affetto. Lei stessa dice a più riprese che non sente di voler bene a una donna che l'ha maltrattata per anni. 
Ciò avviene anche nel corso dei suoi otto anni di permanenza a Lowood. 
Io stessa ho frequentato le elementari in un collegio di suore, dai sei ai dieci anni; ovviamente non si trattava di una scuola di carità (anzi, la retta mensile era una roba che neanche una fucilata nello stomaco...), e ovviamente i metodi educativi erano più evoluti e meno rigidi di quelli adottati all'epoca in cui Jane Eyre fu scritto; ma ho ritrovato nella mia esperienza personale molte delle situazioni a cui Jane viene sottoposta o assiste a Lowood: punizioni umilianti, cibo fatto ingoiare a forza, disciplina ferrea e un generale senso di solitudine. Beh, ammetto che se tutto ciò che ho vissuto io fosse stato moltiplicato per ciò che avviene nel romanzo, molto probabilmente mi sarei sparata.
Jane invece ha resistito stoicamente, senza mai cedere o cambiare se stessa. Riesce a individuare perfettamente l'ipocrisia e la stupidità che si cela dietro il fanatismo religioso del direttore, il signor Brocklehurst, e regala la sua simpatia solo alle persone che lei ritiene sincere e autenticamente motivate nella loro missione di prendersi cura di tante bambine senza famiglia, coma la signorina Temple. Jane, negli anni di permanenza a Lowood, cerca di trovare serenità dove può, ed è aiutata in ciò dalla sua amica Helen Burns.

Helen Burns: Migliore amica di Jane. Come ho scritto sopra, pur nella sfortuna Jane riesce a mantenere una dignità facendo in modo di non cadere nel patetico. 
Questo è uno dei rari casi in cui l'effetto Cenerentola funziona senza intoppi: riusciamo a empatizzare con la protagonista senza che le sue disavventure ci risultino ridicole.
Ciò è anche da ricercare nella storia personale dell'autrice. Il romanzo di Charlotte Bronte venne dato alle stampe nel 1847 con il titolo Jane Eyre: an Autobiography.
La scelta del titolo non è da ricercarsi solo nel fatto che è Jane stessa a raccontare la sua storia in prima persona, ma anche dalla stessa vita di Charlotte Bronte e delle sue sorelle.
Charlotte Bronte nacque nel 1816, figlia di un pastore protestante e di sua moglie. Era la terza nata; aveva due sorelle maggiori, Maria ed Elizabeth, un fratello minore, Patrick Branwell, e altre due sorelle più piccole, Emily ed Anne. La madre morì molto giovane a causa di una malattia e stremata dalle troppe e vicine gravidanze, e il padre, uomo molto ligio al dovere ma poco capace di crescere sei bambini, si dimostrò inadatto al compito: le giornate della famiglia erano scandite da disciplina ferrea, comodità ridotte a zero e ai bambini era impedito di mangiare altro cibo che non fosse pane e patate, dal momento che qualsiasi altro alimento era additato dal padre come una colpevole leccornia. Infine, il pastore Bronte decise di tenere con sé in casa solo il figlio maschio, e mandò le bambine in una scuola di carità per ragazze povere, dove Charlotte e le sue sorelle vennero costrette a una vita di stenti e umiliazioni, tanto che presto Maria ed Elizabeth si ammalarono e morirono.
Non è difficile ritrovare in Jane Eyre più di un avvenimento o similitudine con la vita della sua autrice; ed è presumibile che Charlotte Bronte si sia ispirata alla propria esperienza personale anche per il personaggio di Helen Burns.
Orfana di madre e con un padre che l'ha mandata a Lowood perché incapace di crescerla senza una figura femminile ma che, una volta risposatosi, si dimentica completamente di lei, Helen Burns è con ogni probabilità ispirata a Maria Bronte, la sorella maggiore di Charlotte morta di tisi all'età di dodici anni. Maria era descritta come una bambina tranquilla, riflessiva e mossa da una sincera e profonda fede cristiana.
Ed Helen Burns è esattamente così: una bambina saggia, calma, fermamente convinta che le sofferenze della vita terrena saranno poi ripagate con il Paradiso. I suoi capelli rosso fuoco e il suo cognome sono una metafora della fede che la infervora, una fede che non è mai ingenua o cieca, ma che si concretizza nella speranza che Dio, nella sua bontà, provvederà a tutto, anche a ricompensare dei torti subiti con la serenità eterna.
La fede di Helen è ciò che spesso supporta e aiuta Jane a tollerare l'ambiente cupo e ostile di Lowood, ed Helen è anche la prima persona a dimostrare del sincero affetto nei confronti della protagonista del romanzo.
E' probabile che la stessa Maria Bronte sia stata fonte di sostegno per Charlotte e le sorelle minori, e l'ipotesi secondo cui Helen Burns è ispirata a lei è confermata anche dalle circostanze analoghe della sua morte.
Maria Bronte morì di tubercolosi a dodici anni, mentre nella scuola dove lei e le altre bambine soggiornavano era in corso un'epidemia di tifo. Helen Burns muore all'età di tredici anni, per la medesima malattia e in circostanze analoghe.
Jane trascorrerà l'ultima notte di vita della sua amica abbracciata a lei, nello stesso letto; e ancora, nemmeno in punto di morte Helen perderà la sua fede in Dio e la sua speranza di una vita migliore nel Regno dei Cieli.

Edward Rochester: Il coprotagonista della storia, ovvero l'uomo di cui Jane s'innamora, nonché il primo personaggio letterario di cui si è innamorata anche la sottoscritta. Edward Rochester è il proprietario di Thornfield Hall, la grande casa presso cui Jane si trasferisce, dopo aver lasciato Lowood, per il suo primo incarico di istitutrice di Adèle, la bambina di cui Rochester è il tutore.
Edward è l'antieroe romantico per eccellenza. All'inizio appare come un uomo freddo, burbero e a volte anche beffardo, soprattutto nei confronti di Jane; il loro primo incontro, in particolare, non è fra i migliori, anzi, a tratti è un po' rocambolesco.
Jane conosce Rochester solo dopo diverso tempo che è arrivata a Thornfield Hall; e all'inizio non sa chi sia lui, tanto che quando lo vede cadere da cavallo il suo primo istinto è quello di aiutare un estraneo qualunque che si sia fatto male a una gamba.
Sarà solo quando se lo ritroverà di fronte all'interno di Thornfield Hall che capirà di aver avuto a che fare con il padrone di casa.
Rochester è un personaggio controverso, a tratti cattivo, ma il magistrale lavoro di approfondimento fatto da Charlotte Bronte lo ha reso un uomo ricco di lati positivi che lottano continuamente per emergere dall'oscurità in cui è piombato a seguito delle numerose delusioni che gli ha riservato la vita. Edward stesso ammette, nel corso del romanzo, di aver vissuto una gioventù dissoluta, e dal suo racconto comprendiamo quanto sia stato (e sia tutt'ora) difficile per lui redimersi.
La stessa Adèle, la bambina a cui Jane ha il compito di insegnare, non è sua figlia, bensì il frutto che la sua amante, una donna francese, ha avuto a seguito di una relazione mentre era fidanzata con lui.
L'aver adottato la bambina, abbandonata dalla madre, è stato uno dei passi che ha cercato di compiere per redimere il suo passato fatto di vizi e dissolutezza, le cui cause ci restano sconosciute fino agli ultimi capitoli del romanzo. Tuttavia, la redenzione per questo personaggio non è facile come può apparire: fino alla fine il suo carattere e il suo comportamento oscillano fra ciò che sarebbe giusto fare e ciò che lui vorrebbe, la felicità che lui desidera dopo molto tempo. Edward Rochester è un uomo non più giovanissimo, non bello, per di più con un passato oscuro, il cui unico pregio sembra essere il suo ingente patrimonio.
Blanche Ingram, la giovane nobildonna con cui sembra intenzionato a sposarsi, si dimostra interessata a lui solo per il suo denaro; l'unica che lo ama per ciò che è, nonostante i suoi difetti, è Jane, che per Rochester rappresenta il primo raggio di luce dopo anni di sofferenze, l'unica speranza di salvezza.

"Sento come se io avessi un laccio legato al mio fianco sinistro, e voi
siete strettamente legata alla stessa maniera. E ora che andrete in 
Irlanda, con tutta quella distanza tra di noi, ho paura che questo laccio
finirà con lo spezzarsi e che io sanguinerò"

Tuttavia, come ho detto, la redenzione per Rochester è una strada tortuosa, e solo quando il romanzo sarà quasi terminato che scopriremo cosa si cela nel passato di quest'uomo.

Jane e Bertha

A questo punto, la vita di Charlotte Bronte e quella di Jane Eyre sembrano dividersi. Entrambe divennero insegnanti, ma se la prima si sposò a trentasette anni con il reverendo Nicholls; la seconda, invece, a diciotto anni lascia Lowood per trasferirsi nella cupa Thornfield Hall per il suo primo incarico di istitutrice.
Ciò che ho scritto finora potrebbe lasciar intendere che Jane Eyre sia niente più che, appunto, una delle tante storie di una delle tante Cenerentole della letteratura: la ragazza povera e sfortunata che alla fine riesce a sposare un seppur tenebroso principe azzurro pieno di soldi. Non è così. Innanzitutto perché, come credo si sarà evinto da quanto scritto sopra, Edward Rochester è quanto di più lontano esista da un principe azzurro; in secondo luogo, perché Jane Eyre conta, fra le sue numerose etichette, anche quella di romanzo di formazione.
Jane cresce e matura nel corso della storia. La incontriamo quando ha dieci anni e seguiamo le sue vicende fino all'età di ventotto, età in cui si conclude l'epilogo del libro. Jane scopre l'amicizia, l'affetto, l'amore e infine riesce a diventare abbastanza indipendente da potersi permettere di non dipendere più dalla misericordia di nessuno.
Infine, rifiuta un matrimonio vantaggioso e rispettabile, scegliendo invece di andare incontro ai desideri del suo cuore.
Lo sviluppo del personaggio di Jane è sottile, non ci sono cambiamenti nella sua persona improvvisi, nonostante alcuni eventi eclatanti che costellano la sua permanenza a Thornfield Hall. 
Ed è qui che abbiamo la seconda visione del romanzo di Charlotte Bronte.
Sin dal primo momento in cui Jane (e quindi il lettore) mette piede nella grande casa di Edward Rochester, si ha la sensazione che qualcosa non vada per il verso giusto. All'inizio l'atmosfera cupa e tetra di Thornfield Hall è dovuta solo alla sua posizione isolata, nella campagna inglese, lontano da tutti i contatti. Jane, fatta eccezione per Adèle e i domestici della casa, è completamente sola. Se malauguratamente dovesse accadere qualcosa di grave, chiedere aiuto sarebbe molto difficile e comunque richiederebbe tanto tempo, forse troppo.
Ma quella che potrebbe essere soltanto una piccola paranoia, comincia a prendere in maniera sempre più strana e inquietante a mano a mano che la narrazione procede.
E con l'avanzare della storia, si comprende che al centro degli avvenimenti inquietanti e inspiegabili che accadono a Thornfield Hall c'è il suo padrone, Edward Rochester.


E' nella stanza di Edward che scoppia un incendio che rischia di ucciderlo, se Jane non si svegliasse nel cuore della notte e non lo spegnesse; ed è lo stesso Edward che, trascinandosi dietro la ragazza, rifiuta di darle spiegazioni e se la prende con l'incolpevole Grace Poole, una delle domestiche, per l'incidente occorso. Tempo dopo, è sempre Edward che chiede alla protagonista di aiutarlo a curare un ospite misteriosamente ferito da una coltellata; senza darle spiegazioni, proibendole di parlare perfino con l'uomo di cui si sta prendendo cura, e la stessa Jane sente e vede cose che non sono logiche, non sono normali.
Ecco che Jane Eyre si inserisce nel filone del romanzo gotico che spopolava in quegli anni in Inghilterra, e a ben vedere gli elementi ci sono tutti: una grande casa isolata, avvenimenti inspiegabili e una ragazza sola che deve far fronte con le proprie forze alla situazione.
Ed è solo alla fine che i tasselli si ricompongono, e tutto va al proprio posto.

E' nel giorno che dovrebbe essere il più bello per una donna, il giorno in cui sposa l'uomo che ama, che Jane scopre la verità; il motivo per cui Edward ha vissuto un'esistenza sregolata, la causa di tutti gli strani avvenimenti dei mesi passati, è Bertha Mason Rochester.
Come lo stesso Edward racconta, in giovane età fu costretto dal padre a sposare per motivi economici una giovane creola, Bertha Mason la quale, poco tempo dopo il matrimonio, cominciò a dare segni di pazzia. Non volendo rinchiuderla in un manicomio, ma dovendo pur far fronte a una moglie ormai completamente folle e violenta, la affidò a una domestica, Grace Poole, e la confinò nella soffitta di Thornfield Hall. Ed è ancora lì.
Bertha Mason è una donna pazza, gelosa, violenta e completamente fuori controllo. Ha bisogno di essere sorvegliata continuamente, e quando è riuscita a sfuggire a Grace Poole ha fatto del male a delle persone o ha rischiato seriamente di nuocere alla salute di qualcuno.
La descrizione che ne viene fatta è quella di una donna dai lunghi e arruffati capelli neri, totalmente scarmigliata, dallo sguardo folle e allucinato, e gelosa di Jane; la quale, invece, rappresenta la calma, la bontà, l'intelligenza, quella stessa luce di cui Rochester aveva bisogno.
Bertha Mason è un doppio di Jane, un doppelganger, secondo la terminologia tedesca. Bertha rappresenta la parte selvaggia e folle che in Jane è repressa, lasciando spazio alla parte "sana" e "normale" della personalità.

Infatti, sebbene il romanzo sia ambientato circa negli anni Venti del 1800, esso venne pubblicato circa una decina d'anni dopo l'incoronazione della Regina Vittoria, quindi all'inizio del periodo vittoriano; l'epoca vittoriana, in Inghilterra, fu un periodo storico ricco di contraddizioni: mentre le classi nobili e borghesi vivessero nell'opulenza e nell'agiatezza, negli slums londinesi, in quartieri come Whitechapel e Drury Lane e in generale tutti i quartieri operai, regnava il crimine, la prostituzione e l'indigenza, e a farne le spese erano le classi popolari.
Tuttavia, il motivo di maggior contraddizione dell'epoca vittoriana è da ricercarsi nella rigida morale del periodo: l'eredità del puritanesimo e un diffuso perbenismo, aveva esasperato le etichette di comportamento fino a sfiorare il bigottismo più estremo. Argomenti come il sesso, l'intimità (intesa anche solo come un bacio o un abbraccio) e perfino lo sfiorarsi, erano un tabù che andava rispettato anche nella vita personale, il che dava origine a rapporti sociali freddi e apatici, anche fra marito e moglie, e regole di comportamento soffocanti ed impossibili da perseguire.
A causa di ciò, le persone avevano bisogno di valvole di sfogo, e ciò era alla base di sanguinosi omicidi e di case di prostituzione in cui avvenivano episodi sadomasochistici e pedopornografici.
Bertha è dunque la parte nascosta di Jane, ed anche dell'umanità stessa: è il segreto che Rochester nasconde in soffitta, è il segreto inconfessabile che ogni essere umano tiene custodito nella paura folle che venga allo scoperto, magari in un momento felice come un matrimonio, e che possa ferire una persona che si ama.
E Bertha è anche la causa per cui Jane vede frantumarsi il suo sogno.
Edward, infatti, è legalmente sposato con questa donna pazza, e non può fare nulla per sciogliere il matrimonio. Questo, gli impedisce di sposare Jane, la quale, distrutta, decide di lasciare per sempre Thornfield Hall.

Jane ed Edward

Sono state individuate diverse sfumature di Jane Eyre, ma quello che spesso conquista di questo romanzo è la storia d'amore che lo permea. Edward non è un uomo giovane né bello, ha vent'anni più della diciottenne Jane, eppure è colui che la protagonista vuole al suo fianco; e sebbene sappia che questo amore non è giusto, che non potrà mai dichiararsi sua moglie fino a che Bertha sarà in vita, non può impedirsi di tornare da lui.
La decisione di Jane di tornare a Thornfield Hall è dettata solo dall'amore. Infatti, a seguito della morte della zia Reed e dalla scoperta di una ingente eredità lasciatale da uno zio sconosciuto, Jane è una donna ricca e indipendente, e ha anche la prospettiva di un rispettabile matrimonio con un pastore, St. John Rivers, che le offre di seguirlo in India come moglie.
Tuttavia, Jane rifiuta, e torna a Thornfield Hall.
Solo per veder messo alla prova il suo amore una volta di più.
Infatti, Bertha è morta, suicidatasi dopo essersi gettata dal tetto della casa...ma non prima di aver dato fuoco alla stessa, nel cui incendio ha perso la vita anche Grace Poole.
Thornfield Hall è in rovina, ed Edward ha subito più di tutti le conseguenze dell'incidente: ha perduto la vista e una mano.
Ed è qui che l'amore di Jane ed Edward si manifesta per ciò che è: puro, sincero e più forte di tutto.


Citazioni cinematografiche

Che dire? Mi sono sbilanciata parecchio, me ne rendo conto, e sono stata più lunga di ciò che avrei voluto. Ma come ho detto e credo abbiate compreso, questo romanzo è uno dei miei preferiti e ci tenevo a dedicargli una signora recensione.
E visto che ci sono, vorrei fare una breve e ridotta rassegna cinematografica di Jane Eyre; non inserirò tutti i film che sono stati tratti dal romanzo, ma solo quelli che a mio parere sono i più significativi.

La porta proibita, 1944: E' un classico, e dunque mi pareva doveroso citarlo. Il titolo originale inglese è Jane Eyre (i motivi dell'alternativa traduzione italiana mi sono sconosciuti, ma credo sia stato fatto perché nel 1944 in Italia questo romanzo non era ancora molto conosciuto e volevano un titolo più accattivante).
E' molto fedele al romanzo, e anche gli interpreti sono ottimi. Personalmente non mi è mai piaciuto troppo Orson Welles, e l'ho trovato un po' troppo bello per interpretare Edward Rochester, ma nel complesso buona interpretazione.
Joan Fontaine, meravigliosa come sempre, voto 10.
Una piccola nota di merito va alle piccole attrici Peggy Ann Garner e una Elizabeth Taylor in erba non accreditata, che ricoprivano il ruolo di Jane da bambina e di Helen Burns.

Jane Eyre, 1996: Regia di Franco Zeffirelli. Si tratta di una produzione americana, inglese, francese e italiana. Alcune parti del libro sono state tagliate per fare in modo che il film non durasse più di due ore, ma vi posso assicurare che sono due ore piacevoli e ben spese. A mio parere è la migliore versione cinematografica del romanzo. Charlotte Gainsbourg nella parte della protagonista è bravissima, e oltre a fornire una recitazione magistrale non è neanche una bellezza lampante come Joan Fontaine, quindi rende ancora meglio il personaggio.
William Hurt è a mio parere il miglior Edward Rochester fra tutti gli attori che l'hanno interpretato, sia come recitazione sia come aspetto fisico. In questo film sottolineo anche la presenza di Maria Schneider, e la sua interpretazione della folle Bertha Mason è terrificante (in senso positivo).

Jane Eyre, 2006: Miniserie prodotta dalla BBC. Personalmente apprezzo le trasposizioni dei grandi classici da parte della BBC, in genere, ma quest'ultimo non mi è piaciuto molto.
Ruth Wilson interpreta la protagonista, ma non ho trovato la sua recitazione nulla di eccezionale, e a tratti la sua Jane mi era anche antipatica e complessivamente poco fedele al personaggio descritto nel romanzo. Toby Stephens, invece, nella parte di Edward Rochester, è più fedele al suo personaggio, ma resta come Orson Welles troppo bello, e la sua interpretazione non rende bene il carattere tormentato e contraddittorio descritto da Charlotte Bronte.
Voto: 6 e mezzo.

Jane Eyre, 2011: Ultima trasposizione cinematografica del romanzo, diretta da Cary Fukunaga. Nel complesso, questo film non mi ha colpita molto, ma resta sempre migliore della miniserie della BBC. Jane Eyre è interpretata da Mia Wasikowska, che come attrice ho sempre creduto avesse molto potenziale ma che debba ancora svilupparlo al meglio. Con questo non voglio dire che reciti male ma che ha ancora tanta strada da fare e forse non era ancora pronta a interpretare questo ruolo.
Michael Fassbender si colloca al secondo posto dopo William Hurt come Edward Rochester. Si tratta di un bell'uomo, il che non si sposa proprio con il personaggio, ma è anche un bravissimo attore e ha il carisma necessario per interpretare questo ruolo. Bellissima la scena finale in cui abbraccia Jane tornata da lui.

Da Jane Eyre è stato inoltre tratto un musical, con le musiche e i testi del compositore Paul Gordon e basato sul libretto di John Caird; il musical ha debuttato a Broadway nel 2000, ed è stato riadattato in diverse lingue - ma purtroppo non in quella italiana.
Il musical, per chi fosse interessato, è visibile in versione completa su YouTube. A questo proposito, ci tengo a lasciarvi il video di una delle canzoni a mio parere più belle, Sirens. Gli interpreti sono James Stacy Barbour e Marla Schaffel, gli originali interpreti di Rochester e Jane.


Bene! E anche questa recensione si è conclusa.
Passiamo soltanto alla nostra tabella, molto velocemente.

Consigliato: Assolutamente sì!
Da che età: Dai tredici o quattordici anni potrebbe andare bene.
Livello dei personaggi: 9 su 10
Livello della trama: 8 su 10
Opinione complessiva: Splendido

Spero che questa recensione vi sia piaciuta, e grazie per aver letto. Come sempre, se avete qualcosa da dire in merito, opinioni, critiche o volete aprire un discussione, lasciate un commento, vi risponderò volentieri :).
Arrivederci a tutti al prossimo appuntamento con una nuova recensione.

Sinceramente e cordialmente vostra,
Beauty


venerdì 29 gennaio 2016

"La bambinaia francese", di Bianca Pitzorno - Un'avventura fra la Francia, l'Inghilterra e il Nuovo Mondo (...e Jane Eyre fa un po' l'offesa)

Ciao a tutti, ragazzi!

Da oggi diamo avvio al nostro viaggio fra i libri, e cominciamo con un romanzo che ho letto già diversi anni fa, quando ero solo una pischella ingenua la cui massima aspirazione era diventare una Principessa Disney.
Volevo scrivere il primo vero post di questo blog partendo da un libro che mi era piaciuto, ma allo stesso tempo volevo iniziare da un contemporaneo, invece che da un classico. Ho passato tutta la serata a scegliere fra i vari romanzi della mia libreria, e alla fine il baciato dalla (s)fortuna è stato questo.
E' con sommo piacere dunque che vi presento La bambinaia francese, di Bianca Pitzorno.

Trama

Parigi, 1832. Sophie Gravillon è una bambina di nove anni appartenente alla classe popolare della Francia post-rivoluzionaria. Suo padre è stato ucciso nel corso dei moti delle Tre Gloriose, e sua madre è una sarta che, pur malata di tisi, cerca di fare il possibile per mantenere se stessa e la figlia. Il rischio di morire di fame o di essere cacciate di casa è sempre in agguato, ed è proprio per scongiurare questa eventualità che una sera Sophie decide di disubbidire alla madre e di sfidare il rigido inverno parigino per bussare alla porta di una villa in uno dei più ricchi quartieri borghesi della città, in modo da poter consegnare personalmente delle camicette di mussola e ottenerne il pagamento.
E' così che fa la conoscenza di Céline Varens, ex ballerina dell'Opéra di Parigi ritiratasi controvoglia dalle scene a seguito del suo matrimonio con il severo e scostante inglese conosciuto solo come Monsieur Edouard. Questo incontro si rivelerà fondamentale per la bambina, non solo perché la giovane Madame Varens la salverà dall'assideramento quella sera, ma anche perché sarà lei, dopo la morte della madre di Sophie, a prendersi cura della piccola orfana.
In casa di Céline Varens, Sophie viene a contatto con l'ambiente artistico e letterario della Parigi di inizio Ottocento, popolato da poeti, scrittori, e artisti di teatro; stringerà un profondo legame di amicizia sia con la sua protettrice sia con Toussaint, un bambino africano reso schiavo da Monsieur Edouard, e riceverà una profonda educazione liberale dal Cittadino Marchese, il padrino di Madame Varens.
Con il trascorrere degli anni, l'abbandono da parte di Monsieur Edouard di Céline e di sua figlia Adèle e la morte del Cittadino Marchese, la serenità comincia a vacillare; e quando Madame Varens verrà ingiustamente accusata e arrestata per debiti e Toussaint venduto come schiavo, Sophie dovrà raccogliere tutto il suo coraggio e la sua determinazione per prendersi cura della piccola Adéle.
Anche se ciò significa trasferirsi con lei in Inghilterra, nella cupa Thornfield Hall, dimora del padre della bambina, Edward Rochester...

Commento

Trama lunga e articolata, me ne rendo conto; e chi ha letto/vorrà leggere questo libro si renderà conto che io stessa ho dovuto stringare parecchio per scrivere una trama decente.
Prima di cominciare con la recensione vera e propria, spreco due parole (...due...si fa per dire...) sulla mia esperienza con questo libro. Non so quanti di voi conoscano Bianca Pitzorno, anche perché adesso si è parecchio allontanata dal mondo della letteratura, o comunque della letteratura per ragazzi. Infatti, io l'ho conosciuta come autrice di libri per l'infanzia, e il libro (non questo, ne parlerò più approfonditamente in un altro post) che mi ha infuso per sempre la passione per la lettura è stato scritto da lei. 
La bambinaia francese è stato uno dei suoi ultimi romanzi per ragazzi, e già si notano alcuni tratti del "passaggio" verso libri più adulti. La bambinaia francese, anche se è classificato come libro per ragazzini di 12 anni, tratta già delle tematiche più adatte all'età adulta (la morte di una persona cara, la povertà, l'abbandono del partner, il terrore del Oddio, chi sa se anche domani riuscirò a sopravvivere, e soprattutto l'ipocrisia) ed è ambientato in un'epoca storica difficile da comprendere per un bambino.
A onor del vero, i romanzi della Pitzorno hanno quasi tutti un'ambientazione storica precisa, ma spesso e volentieri si tratta dell'Italia dell'immediato Secondo Dopoguerra, massimo massimo gli anni Settanta. 
Qui, invece, siamo nel periodo compreso fra il 1830 e il 1837, a Parigi, in Inghilterra e nel Nuovo Mondo. L'ambientazione storica è resa molto fedelmente, e la prosa della Pitzorno è spesso ricca di citazioni. Vengono citati personaggi di spicco dell'epoca, come Victor Hugo, Filippo e Marie Taglioni, Madame De Merlin, spettacoli teatrali e romanzi entrati nella storia, e nel salotto di Céline Varens vengono spesso ricevuti ospiti illustri di cui si discorre di arte e (specialmente se è presente anche il Cittadino Marchese) di politica.
Ecco, anche i temi della politica e dei diritti umani emergono spesso in questo romanzo, in particolare il dibattito fra Repubblica e Monarchia e sullo schiavismo. Non esattamente dei temi per dei bambini.
Eppure, io questo romanzo lo consiglierei non a bambini troppo piccoli (onestamente è troppo difficile e complicato per dei cuccioli al di sotto dei dieci anni, senza contare che non è esattamente un tascabile), almeno a dei ragazzini dagli undici anni in su.
Perché?
Perché La bambinaia francese, nonostante alcuni difetti che vedremo in seguito, a mio parere resta un romanzo bellissimo e pieno di bei valori che, sempre a mio parere, a oggi giorno si sono un po' persi nella nebbia.
Partiamo subito a illustrare i pregi di questo romanzo, e facciamolo iniziando dai personaggi.

Personaggi

Sophie Gravillon: La protagonista, la bambinaia francese. Dunque, come protagonista devo dire che non mi dispiace, anche se in alcuni tratti ricorda molto alcuni personaggi di marysuesca memoria (chi scrive o legge fanfiction sa benissimo di che cosa parlo ;). 
Allora, Sophie.
Nel romanzo assistiamo alla sua crescita da quando ha nove anni a quando ne compie sedici. E che crescita, 'sta poveretta ne passa di tutti i colori da piccola e da grandicella viene sballottata di qua e di là neanche fosse un pacco postale, per di più perennemente con il cuore alla gola perché ha la responsabilità di una bimba piccola.
Il romanzo è scritto per tre quarti in terza persona e per un quarto in prima, e il punto di vista è quasi sempre quello di Sophie. E' attraverso i suoi occhi che sfilano le personalità di spicco dell'epoca, le idee politiche e gli avvenimenti tragici che colpiscono uno dopo l'altro la sua padrona (piccolo anticipo: questa donna è una calamita per la jella).
Dunque, per il carattere di Sophie c'è poco da dire, a mio parere ricalca molto alcune delle precedenti protagoniste dei romanzi della Pitzorno, in particolare mi ha ricordato Prisca Puntoni, una delle protagoniste di Ascolta il mio cuore e del suo seguito Diana, Cupido e il Commendatore: fiera, testarda, si dimostra molto curiosa e ha un forte senso della giustizia. 
Spesso è lei a proporre o a prendere l'iniziativa per fare qualcosa, e mostra anche una certa astuzia, come quando finge di essere sciocca e un po' lenta (in realtà impara molto velocemente) per giustificare di non aver ancora appreso l'inglese durante i suoi mesi di permanenza a Thornfield Hall.
Il tutto per potersi permettere di origliare indisturbata tutti i discorsi che i loschi individui che popolano quella casa fanno in sua presenza, pensando che capisca solo il francese.
Dicevo, Sophie nel complesso mi è piaciuta.
Si dimostra sempre molto volenterosa, vogliosa di fare e di imparare, e allo stesso estremamente affezionata sia alla sua famiglia d'origine (il cui ricordo spesso compare nella narrazione e da cui cerca di prendere esempio) sia al suo amico Toussaint (con cui verso la fine viene lasciato intendere un sentimento che potrebbe evolversi verso qualcosa di più che una solida amicizia) sia alla sua protettrice e alla di lei figlia, di cui non esita a prendersi cura anche se questo per lei rappresenta un rischio.
Sophie incarna una perfetta visione della tata. La tata fino a un secolo fa è stata una figura fondamentale in una famiglia, spesso e volentieri viveva insieme ai datori di lavoro, ed è una figura che io reputo importante anche adesso, se ovviamente svolge il suo lavoro nell'interesse del bambino. Ecco, Sophie è la tata perfetta: si prende cura di Adèle sempre e comunque, cerca di trasmetterle dei valori positivi, stimola la sua fantasia senza però lasciare che questa prenda il sopravvento sulla realtà e tenta di proteggerla più che può da dispiaceri inutili ma senza sostituirsi alla madre naturale. Sophie è quasi una sorella maggiore per la piccola Varens, e questo è stato uno dei motivi principali per cui ho apprezzato il suo personaggio.
Ma molto probabilmente non avete dimenticato il mio accenno iniziale ad alcuni suoi tratti marysueschi. Passo a spiegare: Sophie, pur nella sua positività, è poco approfondita e a tratti troppo perfetta.
Sa sempre qual è la cosa giusta da fare, e non esita a farla; sa come comportarsi in ogni situazione; assorbe senza filtro le idee politiche della sua protettrice e le adotta come proprie. Questo avrei anche potuto accettarlo finché fosse stata piccola e di conseguenza poco esperta di simili argomenti, ma mantiene gli ideali che ha appreso anche da adolescente. Non c'è mai un momento in cui le sorge un dubbio sulla validità di alcune sue convinzioni, e a tratti sembra quasi che sbandieri così focosamente gli insegnamenti che le sono stati impartiti solo per gratitudine e riconoscenza verso il Cittadino Marchese e Céline Varens.
E di riconoscenza già ne dimostra...
Insomma, un personaggio un po' privo di sfumature, ma la Pitzorno ha fatto un buon lavoro di bilanciamento; dunque, mi sento di promuovere Sophie.

Toussaint detto anche Tussì: trattasi del secondo protagonista della storia, migliore amico di Sophie e secondo PoV del romanzo. La narrazione, infatti, si articola anche in alcune lettere, e lo stile epistolare ci da modo di sapere anche come la pensa lui.
Tussì ha circa dodici anni quando conosce Sophie, e la sua storia ci viene raccontata da lui stesso. Cresciuto nelle piantagioni delle colonie americane, porta il nome di uno schiavo che per primo guidò la rivolta contro gli schiavisti proprietari terrieri. E' stato cresciuto dalla madre e dalla sorella maggiore fino all'età di tre anni quando è stato acquistato da diversi padroni fino a finire nelle mani di Monsieur Edouard, che ne ha fatto dono alla sua novella sposa Céline Varens.
La quale, pur dichiarandosi sempre antischiavista, ha accettato il dono perché sapeva che, se avesse rifiutato, Tussì sarebbe stato venduto a un altro proprietario forse peggiore.
Toussaint è il veicolo principale attraverso cui passano tutti gli ideali antischiavisti e sull'uguaglianza degli esseri umani. Come per Sophie, mi sono sentita molto vicina a lui e mi sento di promuoverlo a pieni voti, sebbene abbia anche lui dei difetti di sviluppo non da poco.
Viene spesso sottolineata la sua indole cavalleresca; un episodio che lo dimostra, e che io ho trovato molto simpatico, è quando Céline Varens racconta a lui e a Sophie la trama de La Silfide, e il ragazzino s'indigna a morte quando scopre che il promesso sposo di una fanciulla l'abbandona sull'altare per un'altra, dichiarando a gran voce che l'avrebbe piuttosto sposata lui.
Sempre come con Sophie, anche Tussì si dimostra dotato di un grande senso della giustizia e soprattutto di senso pratico; ha i piedi per terra molto più della sua amica e trova sempre il modo di districarsi da situazioni difficili.
Anche lui si dimostra molto affezionato alla sua protettrice e, come Sophie, ne assorbe gli ideali politici. Tuttavia, questo è un fatto che per Toussaint mi sento di giustificare, in quanto quando lo incontriamo ha già dodici anni e ha vissuto una serie di esperienze più o meno difficili e traumatiche che ne hanno sviluppato il senso critico; dunque ci sono buoni motivi di pensare che abbia adottato quelle idee dopo averle valutate attentamente, cosa che non avviene con Sophie.
Tussì, inoltre, pur sapendo sempre cosa fare, come fare, e quando fare, ha anche dei rimorsi di coscienza. Ho trovato molto bella la lettera indirizzata a Céline Varens dove si scusa del fatto, per ottenere il denaro necessario a corrompere la guardia carceraria che lo avrebbe messo in contatto con lei, sia diventato un ladro. Precisa inoltre che ha rubato non a chi avrebbe avuto bisogno di soldi tanto quanto lui, ma a chi avrebbe potuto fare a meno di qualche moneta, nello specifico il suo nuovo padrone.
Fa tanto Robin Hood la cosa, ma mi è piaciuta.
Infine, Tussì è anche il bersaglio del razzismo dell'epoca e che, ahimé, è presente anche oggi.
A seguito dell'abbandono di Céline Varens da parte di Monsieur Edouard, la donna, invece di venderlo per ricavarne il denaro di cui ha disperatamente bisogno (il galantuomo l'ha mollata con una figlia e senza un soldo, per di più le aveva anche proibito di proseguire la sua carriera di ballerina, guarda te gli inglesi che ti combinano!), decide di liberarlo. Tussì è quindi un uomo - non ancora, lo diventerà - libero a tutti gli effetti; ma a seguito della morte del Cittadino Marchese, i nipoti diseredati di quest'ultimo, oltre a far arrestare Céline Varens per frode, non trovando i documenti che attestano la libertà di Tussì, lo vendono come schiavo personale della moglie di un nobile, presso la cui casa viene trattato alla stregua del cagnolino domestico.
Insomma, per lui passano tutti gli ideali antirazzisti dell'autrice; inoltre, come già detto, si tratta di un personaggio ben costruito il cui poco sviluppo caratteriale si può trascurare senza problemi.
Promosso anche lui :).

Céline Varens: E qui arriva la nota dolente.
Ho detto che Sophie ricorda a tratti una Mary Sue? Beh, Céline Varens lo è a tutti gli effetti.
E' un personaggio positivo, niente da dire. E' il come viene presentata che lascia un po' perplessi.
Analizziamola un attimo.
E' idolatrata da tutti, Sophie, Tussì, i suoi domestici, il suo padrino, perfino suo marito fino a che non l'ha mollata per motivi che spiegherò in seguito.
E' bellissima.
E' colta e intelligente.
E' buona, dolce e gentile.
E' una ex ballerina che per amore ha rinunciato alle scene. Nello specifico, il marito non voleva che continuasse a danzare perché non era una professione consona a una donna sposata; Céline ha accettato, ma la cara donzella non può neanche definirsi moglie a tutti gli effetti, perché il maritino adorato vuole mantenere il matrimonio segreto.
Motivo? Un'anziana zia che dovrebbe crepare ma non crepa mai lo diserederebbe se sapesse che ha sposato una ballerina. E quindi, aspetta e spera. E nel frattempo sopporta che il marito la lasci da sola nelle feste, e non si curi minimamente della bambina che hanno avuto insieme.
Lei non protesta mai. Tace e sopporta.
Anche quando sembra che lei e tutti quanti debbano finire in mezzo alla strada perché il gentleman inglese l'ha lasciata senza un centesimo, a salvarle il deretano arriva il suo padrino.
Come dicevo sopra, questa donna è una calamita per la sfortuna.
Le sue disavventure, infatti, non si esauriscono qui. Viene incarcerata ingiustamente per debiti, e in carcere subisce delle vessazioni e delle percosse dalle altre detenute, fino a che un giorno sbatte la testa contro il pavimento e impazzisce.
Viene ricoverata in un manicomio, da cui la tirano fuori Tussì e i suoi amici; da lì inizia un lungo periodo di riabilitazione psichica, fino a che non riesce a riprendersi.
Ed è solo nel momento in cui Céline Varens riacquista tutte le sue capacità intellettive e risolve il problema dei debiti che Sophie e Adéle possono finalmente tornare a casa.
Come penso avrete capito, questo personaggio non mi è piaciuto molto; forse questo è anche dovuto al fatto che non ci sono PoV suoi, tranne che per un piccolo pezzo quando viene lasciata dal marito. L'ho trovata troppo perfetta, sembra non avere alcun difetto, e anche il suo improbabile lieto fine mi ha lasciata un po' perplessa.
Forse è l'unico personaggio che non mi è piaciuto affatto del romanzo.

Benvenuti a Thornfield Hall

...sapevo che stavate aspettando questo momento XD.
Chiunque sia appassionato di libri non può essersi imbattuto almeno una volta in Jane Eyre, e se non ha letto il libro ha visto uno o più dei vari film, o comunque ne ha sentito parlare. E a chi conosce Jane Eyre non possono essere sfuggiti gli accenni a Thornfield Hall e a Edward Rochester.
A onor del vero, non avrei ancora terminato con i personaggi, ma ho deciso di riservarmi le ultime chicche su di loro per questa sezione.
Ed è proprio il caso di dire Benvenuti a Thornfield Hall!



A mio parere, uno dei grandi pregi di questo romanzo è stato saper rielaborare un classico della letteratura in modo originale. Già, perché come vi accorgerete nel procedere della narrazione, La bambinaia francese non è una storia originale, bensì una rielaborazione del romanzo più famoso di Charlotte Bronte, Jane Eyre.
Sophie, infatti, altri non è che la tata francese di Adéle (la bambina di cui la giovane istitutrice deve occuparsi) che compare per pochi e brevi sprazzi nel romanzo, spesso solo nominata, tanto che quasi nessuno si ricorda di lei. La Pitzorno ha immaginato la storia di questo personaggio e ha mostrato gli avvenimenti di Thornfield Hall attraverso i suoi occhi, ribaltando completamente la prospettiva della storia scritta dalla Bronte.
E ne è uscita una storia totalmente diversa.
La vittima e il trastullo di tutto ciò è stata nientepopodimeno che Edward Fairfax Rochester in persona.

Signore e signorine, vi pregherei cordialmente di dimenticare per un attimo il personaggio fantastico descritto da zia Charlotte e (se potete) provare per un attimo a non pensare a Michael Fassbender, William Hurt o Toby Stephens.
So che è difficile, ma fate almeno un tentativo.
La visione che abbiamo di Edward Rochester ne La bambinaia francese è completamente stravolta da quella originale. E, sebbene non possa negare un certo dispiacere nel vedere un tale pezzo di personaggio completamente cambiato in peggio, devo dire che il lavoro che è stato fatto è ottimo.
Monsieur Edouard, il fedifrago che ha lasciato Céline Varens, è proprio lui, Edward Rochester.
Il quale non ha nessuna zia morente che gli deve lasciare l'eredità. Come da lui stesso rivelato, non si sarebbe mai abbassato a sposare una ballerina dell'Opéra, lui che era un riccone inglese, e che ha assoldato un falso notaio per fingere il matrimonio con la bella Céline, la quale essendo una ragazza seria non aveva accettato la sua proposta di diventare sua amante.
Come al solito il cognatino è arrivato a rovinargli la festa, e lui ha dovuto lasciare la finta moglie. Portandosi via tutti i soldi, Insinuando che Adèle non è sua figlia e fregandosene di lei per anni.
Fino a che, alla morte del Cittadino Marchese, torna per riprendersi la bimba e così lei e Sophie sono costrette a seguirlo in Inghilterra, a Thornfield Hall.

...che cambiamento, eh?
Io stessa non ero perplessa, di più. Ho sempre adorato Mr. Rochester e vedermelo ridotto alla stregua del libertino dandy è stato uno shock. E la cara Jane non è stata da meno.
Perché sì, compare anche lei, per gli stessi motivi e vie traverse del romanzo della Bronte. E la sua storia con Edward rimane invariata.
Anche lei è presentata attraverso gli occhi di Sophie, e ciò che ne esce non è niente più e niente meno di ciò che avrebbe pensato un esterno, un estraneo qualunque che la vedesse la prima volta: una ragazzina grigia, noiosa, che si veste male e che non ha nessuna attrattiva.
Tuttavia, se la povera opinione che Sophie ha di Edward non cambierà mai, quella che ha di Jane invece evolverà con il tempo: pur non riuscendo mai a considerarla al pari della sua Céline, riconoscerà che si tratta di una brava persona, che è molto affezionata ad Adéle, e proverà pena per lei quando penserà che a sua volta stia cadendo fra le grinfie di un libertino come lei pensa che sia il nostro buon Edward.
Il quale, come vi ho accennato, esce da questo romanzo totalmente distrutto.
Ma devo spezzare una lancia a favore di questo fatto. Sebbene Sophie, il lettore e quindi noi, non lo perdonerà mai, la Pitzorno lascia intendere, come zia Charlotte, una possibilità di redenzione per lui, che si concretizza proprio nell'amore per Jane (che, vi faccio notare, è un'istitutrice, e quindi sullo stesso piano di quella Céline Varens ballerina che lui aveva dichiarato che non avrebbe mai potuto accettare come consorte).
Qui mi fermo, perché non voglio rivelarvi il finale (e ancora, chi conosce Jane Eyre sa che non mi sono fermata a caso ;).

Come dicevo sopra, nel complesso il romanzo mi è piaciuto, è ben equilibrato, insegna molte cose sia in termini di cultura generale che di valori morali e non è esente da una trama fresca e originale pur trattandosi della rielaborazione di un classico, dal ritmo veloce e incalzante, con avventure a volte rocambolesche ma comunque divertenti e in grado di tenerti con il fiato sospeso.
I colpi di scena non si risparmiano fino alla fine.
Vediamo dunque un breve schema.

Consigliato: Assolutamente sì
Da che età: Quando l'ho letto avevo tredici anni, ma direi che dagli undici anni può andare bene. Non al di sotto, però, ci sono diverse parti che un bambino più piccolo non potrebbe capire o a causa di cui si potrebbe annoiare.
Livello dei personaggi: 7 su 10
Livello della trama: 9 su 10
Opinione complessiva: Bellissimo

Spero che questa prima recensione vi sia piaciuta. Se avete qualcosa da dire in merito, considerazioni, o se semplicemente avete voglia di aprire una discussione sul post e/o sul romanzo, fatemelo sapere nei commenti.
Ah, dimenticavo: i commenti sono fatti anche, oltre che per le opinioni e le critiche, per i consigli. Quindi, se avete dei libri da consigliarmi o di cui vorreste leggere una recensione, potete richiedermeli.
A presto con la prossima recensione.

Sinceramente e cordialmente vostra,
Beauty

giovedì 28 gennaio 2016

Presentazione del blog

Ciao a tutti, ragazzi!

Questo sarà il primo post di quello che spero essere un lungo e proficuo viaggio insieme. Il nome con cui mi conoscerete sarà Beauty, sono nata nel 1993 e mi sto per laureare alla triennale.
Tratti caratteristici della mia persona: poca avvenenza, ancora meno femminilità, raffinatezza ed eleganza manco a parlarne, totalmente dipendente dal tea, caldo, freddo, al limone o alla pesca, o qualsiasi altro gusto, tea verde, al gelsomino, non faccio differenze, spazzolo via tutto; come in ogni classico cliché adoro i bambini, e il sabato sera il massimo che tollero è una sanissima cena a base di hamburger e patatine con un'amica seguita da cinema e pop-corn, e dopo filare a casa a dormire.

Vittima di un'educazione umanistica, il mio passatempo preferito è aggirarmi come un'idrovora fra le (poche) librerie della città. Leggo di tutto, dai classici ai contemporanei, ho diversi romanzi nel cassetto che prima o poi mi deciderò a terminare, e vivo per la carta stampata, anche se ultimamente sono stata convinta ad acquistare il famoso E-Book.

Il che per me è decisamente tanto, dato che fino a poco fa lo vedevo come la rovina del mondo moderno.

Il titolo del blog dice pressoché tutto. "La lettrice in crisi", inutile dirlo, è la sottoscritta. Questo blog e il conseguente titolo nascono infatti da alcune profonde considerazioni che spesso mi è capitato di fare nel corso delle mie tristissime serate da zitella inacidita trascorse con la sola compagnia di una buona tazza di tea e di un (non sempre tanto buon) libro. That's the point. In vita mia ho letto praticamente qualsiasi cosa mi capitasse sottomano, a dieci anni per far fronte alle crisi d'astinenza che mi assalivano quando terminavo un romanzo e non c'era nulla di nuovo in libreria (l'ho già detto quanto le librerie della mia città siano sprovviste di materiale, vero?) mi riducevo a leggere le pubblicità della COOP che mia madre trovava nella cassetta delle lettere.
Dicevo: that's the point. In vita mia ho letto parecchio, ma ciò che mi gettava più nello sconforto durante e dopo una lettura era il non poter gridare ai quattro venti quanto mi fosse piaciuto o alternativamente fatto schifo il romanzo.

Mi trovate egoista? Avete ragione,
Dovrei farmi una vita? Avete ragione.
Forse sarebbe meglio che mi dessi all'ippica invece di stare qui a rompere le scatole a degli onesti cittadini italiani? Avete assolutamente ragione.

Ma io sono una testa dura che ce ne sono poche, e di conseguenza porterò avanti questo progetto con una determinazione che Rossella O'Hara me fa un baffo. Tornando a noi...questo blog è un blog di lettura. Qui pubblicherò delle personalissime recensioni (non sto qui a fare tutta la pappardella che si tratta solo di opinioni personali dell'autrice del blog e che non rappresentano una verità assoluta, ecc, ecc., tanto lo sanno tutti e per andar bene non mi si fila nessuno XD) su tutti i libri che ho letto/sto leggendo/ho intenzione di leggere.
Preciso che cercherò di argomentare il perché un libro mi è o non mi è piaciuto. Ergo, non farò la sputasentenze, ergo, un eventuale "fa schifo" sarà sempre seguito dai motivi per cui secondo me tale capolavoro letterario meriti un'etichetta così ignobile.
Il libri che commenterò saranno di tutti i tipi, sia classici che contemporanei, italiani o stranieri ed editi o inediti in italia. Per questi ultimi, cercherò di adottare un trattamento che permetta a tutti, se interessati, di reperirli.

Ovviamente, tutti i commenti saranno attivati e chiunque potrà scrivere la propria opinione in merito a un determinato post, come spero farete. L'intento di questo blog è anche quello di conoscere eventuali opinioni di chi legge, e sarei molto contenta di poter aprire delle discussioni. Accetto critiche negative, non mi scandalizzo...ciò che mi scandalizza è la maleducazione nei commenti.

,,,sapete com'è...io e la mia amica Jane Eyre abbiamo ricevuto un'educazione abbastanza bigotta, in quel postaccio di Lowood! ;).

Sinceramente e cordialmente vostra,
Beauty